martedì 31 agosto 2010

Il mirto e la rosa

di Annie Messina ( Gamila Ghàli)
Sellerio editore 1982
196 pp.
10 Euro
recensione di Paola Borraccino







  Finalmente un bel libro, dopo tanti libri appena leggibili o carini, che certo non starò a recensire!
  Ospite da amici ho preso tra le mani questo piccolo oggetto, che aveva colpito la mia attenzione per la raffigurazione evidentemente orientale. Le prime pagine scorrevoli, semplici, un incipit fiabesco, stile Mille e una notte, allora ho provato ad apertura di pagina e mi sono imbattuta in una avvincente descrizione di una battaglia; sono tornata all'inizio e così ho scoperto i protagonisti.
  A questo punto ho proseguito ed ho trovato di tutto: avventura, storia, passione, elementi della cultura araba, una prosa elegante. Ero arrivata a metà, dunque ho memorizzato il capitolo seguente, con l'intenzione di ricominciare dal segno l'indomani. Poi mi sono detta: "Ancora un po' e vado ma dormire". E invece no: sono arrivata a pagina 196 per decidermi a chiudere, cioè l'ho dovuto finire, non c'è stato verso. Erano le 3.10 a.m., non so se mi spiego, è il potere che solo i buoni libri sprigionano.
  A proposito della trama vi rimando alla recensione di Fulvio Diego Papouchado , molto dettagliata; io preferisco a limitarmi a segnalare che, come è scritto nella quarta di copertina, si tratta del racconto di un amore assoluto e totale, del nostro tempo e di ogni tempo. E la rosa e il mirto simboleggiano i due protagonisti: il mirto della virilità, la rosa della fanciullezza.
  Comunque, tanto per essere chiari, è un sentimento che lega un uomo ad un adolescente. Immagino a questo punto cosa possa venire in mente, ma proprio questa è la forza di questo testo: l'autrice riesce a parlare di un argomento tra i più peculiari, senza morbosità, con delicatezza e sobrietà, forse perché è una donna.
  Di certo un uomo non avrebbe mai potuto scrivere una cosa del genere, non fosse altro per paura di essere accusato di pedofilia. Affrontare un tema così difficile significa camminare su una corda tesa su un burrone: un passo falso e sei finito.
  Annie Messina riesce a tenere il lettore in equilibrio tra il sacrosanto rispetto della purezza di un fanciullo e lo sforzo di capire cosa ci sia dietro a determinati sentimenti, il tutto con tocco lieve, persino quando descrive i lati violenti di una società conservatrice, in un'epoca lontana, che però tutto concede ai potenti (per certi versi, neanche tanto diversa dalla nostra).
  Concludo riportando le parole di Papouchado: "sembra di leggere un componimento in versi, il cui pregio, forse intenzionale, è quello di esaltare la potenza dell'amore e del dolore, ma proprio perché i sentimenti sono così marcati, netti, senza sfumature, si ha subito l'impressione, giusta, che sia solo una parabola attingente dai miti orientali".
  Proprio in quanto favola, l'opera può essere letta (oltre al non trascurabile particolare che non vi intercorrano rapporti sessuali tra i due protagonisti). Ci tengo a rilevare che una cosa è raccontare sentimenti, altra cosa è giustificare la PEDOFILIA, che è DA CONDANNARE SEMPRE, perché è una violenza esercitata contro chi è più indifeso, quindi esecrabile e vile.

  Consigliato a coloro che possiedano una cultura classica, perché chi ha letto gli autori greci può meglio apprezzare un certo tipo di narrazione.

  Voto 7 e 1/2

La citazione
p. 121
"... guardava le stelle apparire una a una nel dolce cielo d'estate, e sapeva che quando le costellazioni avessero cominciato a declinare verso l'orizzonte occidentale, nel momento in cui le forze del giorno che finisce si esauriscono e le forze del giorno nascente non si sono affermate ancora, in quel momento il fanciullo sarebbe ... "

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