giovedì 29 luglio 2010

Eureka street

di Robert Mcliam Wilson
Fazi editore (II edizione tascabili marzo 2009)
414 pp
12 Euro
recensione di Paola Borraccino












  Ho notato che è esposto in evidenza nelle librerie questo romanzo irlandese, che in Italia sta trovando consenso in ritardo rispetto all'anno della sua pubblicazione (1999); mentre già dal 1996 è stato uno dei maggiori casi editoriali in Irlanda, Francia e Gran Bretagna.
  Ricordo di averlo sfogliato per la prima volta molto tempo fa e di esserne rimasta colpita, al punto da aver memorizzato il titolo, per poi acquistarlo in un secondo momento; cosa che non è stata più possibile, perché successivamente era scomparso dagli scaffali.
  Una volta che l'ho ritrovato, me lo sono portata subito a casa, sicura di aver trovato un gran bel libro.
  Il primo screening, consistente nella lettura dell'incipit e di diversi periodi scelti a caso ad apertura di pagine, mi aveva regalato un assaggio succulento e raffinato allo stesso tempo.... Ebbene, procedendo via via per i capitoli, mi sono dovuta ricredere e le mie aspettative sono state molto deluse!
  La storia è ambientata a Belfast e si svolge negli ultimi anni del secondo millennio, un arco di tempo importante per l'Irlanda del Nord. Subissati dalla valanga di notizie di tragedie, guerre, inutili trattati di pace ed efficaci cessate il fuoco, forse sfuggirà ai più che il 10 aprile 1998 venne siglato l'Accordo di Belfast (più noto come Accordo del Venerdì Santo), con il quale ebbe fine il conflitto che aveva insanguinato il Paese per decenni.
  Negli anni Settanta e Ottanta, Belfast e, in generale, tutta la regione dell'Irlanda del Nord furono infiammati da una campagna di violenza da parte degli estremisti di entrambi gli schieramenti, il paese era sull'orlo della guerra civile; il conflitto tra Unionisti (spalleggiati dal Governo del Regno Unito) e Repubblicani provocò vere e proprie stragi di civili. Delle centinaia di episodi, tra aggressioni singole, eccidi, attacchi terroristici, bombe, omicidi e attentati vari, cito solo due stragi.
  La prima avvenne il 30 gennaio del 1972, quando dei paracadutisti britannici uccisero a Derry 13 cittadini irlandesi del quartiere cattolico disarmati nella, tristemente famosa, domenica di sangue cantata dagli U2 (Bloody Sunday) e rappresentata, in una ricostruzione fedele all'originale e molto ben documentata nel film omonomo.
  La seconda fu eseguita dai repubblicani, nel tentativo di forzare il cambiamento politico attraverso la guerriglia: a Enniskillen l'8 novembre 1987 una bomba dell'IRA uccise11 civili protestanti che partecipavano ad una cerimonia per i caduti della Prima Guerra Mondiale.
  Ho ritenuto necessaria questa breve parentesi storica per inquadrare il contesto politico della vicenda narrata.
  L'autore è nato a Belfast nel 1964, per cui è cresciuto assistendo allo stillicidio di violenza della sua città, certe vicende hanno sicuramente segnato le tappe della sua vita, come, e forse più, di quelle personali. Infatti, egli racconta diversi episodi della Storia irlandese, ma, specificamente, fa parte della trama del libro la strage di Omagh*, nell'agosto del 1998, in cui persero la vita 29 (13 donne, 9 bambini e 6 uomini) a seguito dell'esplosione di una bomba, piazzata dalla Real IRA.
  Ora, è innegabile che l'autore in questi momenti dia il meglio di sé. La narrazione dei fatti, nel rispetto della documentazione storica, è piena di pathos, senza mai essere stucchevole. Mcliam Wilson ricostruisce, però, con la libertà che un romanziere può concedersi, a differenza dello storico, le ultime ore di alcune delle vittime, affinché il lettore abbia piena consapevolezza che i nomi corrispondano a persone in carne ed ossa, che fino a cinque minuti prima di morire erano ancora vive (come riportava la lapide di Jacques de La Palice, da cui l'aggettivo lapalissiano). In particolare, l'episodio della ragazza che aveva fatto l'amore la notte precedente, ricevendo la prima dichiarazione, è di una bellezza struggente, fa commuover fino alle lacrime.
  Veniamo, però, alle note di demerito.
  La storia di uno dei due protagonisti, Chuckie, è una boiata pazzesca!
  Non ci sono parole per descrivere quanto assurda sia tutta la parte che riguarda le vicissitudini lavorative di Chuckie e quelle sentimentali di sua madre; vien quasi da chiedersi se l'abbia scritte l'autore o qualcun altro in sua vece. Intere pagine che si potrebbero strappare e che sono una offesa alle piante che hanno dovuto tagliare, per ricavarci la carta su cui sono scritte.
  Il libro è così, a corrente alternata: passaggi lirici (quelli in cui è descritta la città di Belfast, per esempio) e quadretti inutili delle giornate e dei successi mirabolanti dell'amico del vero protagonista, Jake, riflessioni sociologiche sulla società di massa e della compulsione all'acquisto che copre il vuoto dell'esistenza dei diseredati del sottoproletariato urbano e dialoghi interlocutori che nulla dicono e nulla aggiungono alla storia.
  La chiudo qua, perché mi sono dilungata oltremodo.
  Riassumendo, il libro sarebbe potuto essere ottimo, ma nel complesso è appena sufficiente.

  Per un parere diverso dal mio, si può leggere la recensione entusiasta di Simona, pubblicata su Mescalina - rivista on line di arte e cultura.
  
   Voto 6

  Consigliato a chi nulla conosce della storia recente dell'Irlanda del Nord, Paese splendido, che merita un viaggio, perché i suoi paesaggi tolgono il fiato, ma fanno respirare l'anima.


La citazione
pag. 102
Era decisamente irlandese, questa ragazza, e pareva proprio che per lei io non lo sarei mai stato abbastanza.

Il suggerimento: per chi avesse curiosità sull'autore, si legga l'intervista che ha rilasciato a Paola Casella sul sito web http://www.caffeeuropa.it

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* Che la strage di cui si parla sia quella di Omagh è una mia supposizione, basata sulla successione
dei fatti riportati.

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