domenica 20 giugno 2010

"Riportando tutto a casa" di Nicola Lagioia

Einaudi 2009
pp. 288
20 Euro

Ho comprato questo libro, per evitare di trovarmi impreparata, qualora fosse capitato in argomento, perché è uno di quei libri che "devi" aver letto. Certo non proprio come Gomorra, ma per quel narcisismo che ti spinge a studiare anche le note di un libro, per il gusto di veder spalancare, in un attimo di pura sorpresa, le palpebre che, poco prima, si erano socchiuse, del tuo esaminatore, nella mimica facciale tipica di chi lancia una sfida.

  Ho comprato il libro con il cellophane, cosa che non faccio davvero mai.
  In somma ho fatto i compiti, perché io il libro l'ho letto, a differenza di molte recensioni che ho trovato, compilate sulla base della scheda del libro.

 Prima cosa: ho dovuto compiere uno sforzo notevole per non abbandonarlo.
Persino il tomo di oltre 900 pagine di Littel, Le benevole, non mi aveva affaticato tanto.

  Il problema principale dell'autore è che è un professionista (lavora da tanti anni nel mondo editoriali) e si vede che è un mestierante. Tra l'altro mi sorge il sospetto che non abbia voluto che qualche suo collega gli editasse il manoscritto, forte della sua esperienza, dimenticando la lezione imperitura di Cicerone "Pro domo sua": mai perorare la propria causa.
  Qualora la mia supposizione fosse sbagliata significherebbe che neanche i redattori della Einaudi sono più quelli di una volta.

  La trama non la racconto, tanto chi sta pensando di comprare un libro già la conosce, mi limiterò a dire che viene descritto una arco temporale di una decina di anni (per quanto alcune considerazioni si estendano per altri due decenni), attraverso l'ottica di un adolescente di Bari, che è anche l'io narrante e pare coincidere con l'autore, per l'uso della prima persona singolare.
  Ci sono i ricordi delle amicizie della scuola, della famiglia e dei genitori della cerchia di conoscenti del protagonista, descritti attraverso la luce livida dei neon degli anni Ottanta, puntellati da precisi riferimenti storici.

  Purtroppo Lagioia difetta della capacità di sintesi. Egli ha la voglia/presunzione di scrivere qualcosa di definitivo su quegli anni e si strugge nell'ansia di voler dire tutto.

  Inoltre è uno che quando scrive si prende molto sul serio. Ora io non sono tra coloro che ritengono che si possa scrivere tomi pensosi solo a cominciare dai sessant'anni, però bisogna sapersi anche regolare, non si può pretendere di condensare un trattato di sociologia e storia contemporanea in sette righe, con una scarsa punteggiatura.
  Ecco la punteggiatura: il secondo punto dolente di questo libro, completamente da rivedere.

 Scrivo queste considerazioni con dispiacere, perché il libro è bello, lo ripeto è una pietra grezza, ma è un problema di misura: troppo di tutto. L'autore e gli editors avrebbero dovuto "lavorare a togliere" e asciugare la prosa, ma anche la storia.
  Questa lettura è pesante, non scorre, le pagine sono troppo dense di... "cenni brevi sull'universo".
  E poi, va bene avere una prospettiva, ma sembra che si descriva la vita di un ospedale, dove tutto è patologia e la salute sembra appartenere ad un altro mondo, flebilmente evocato, ma forse inesistente: una sfilza di tragedie... e che è "I miserabili arricchiti", ma chi sei, Victor Hugo?

  Ora uno potrebbe dire, ma chi sei tu: piccola saccentella ignorante e avrebbe anche ragione! Però sono pronta a scommettere che molte persone, pur condividendo la mia opinione, non la esprimano per non esporsi e non essere tacciati di superficialità.

  Sia chiaro: il libro è notevole, ha dei passaggi che compensano lo sforzo di aver dovuto leggere pagine e pagine di descrizioni superflue.
  Perché il libro raggiungesse il posto cui legittimamente aspira, sarebbe bastato che qualcuno avesse fatto notare all'autore che stava scrivendo un romanzo e non una fiction di 10 puntate per la televisione.

Voto 7 (avrebbe potuto ottenere un 9)

Sconsigliato ai minori di trenta anni.
I ragazzi più giovani si tenessero ben alla larga da alcune pagine che possono quasi dipingere come  seduttivi percorsi di squallore.

Citazione: non sono riuscita a trovarla, una osservazione bellissima era sempre rovinata dalla frase successiva; chi la vuole se la cerchi, facendo lo sforzo di passare attraverso le 288 pagine, come ho fatto io.

4 commenti:

  1. L'ho letto in tre giorni, non ho fatto molta fatica, mi incuriosiva. A parte questo condivido tutte le tue considerazioni, in particolare 'sembra che descriva la vita di un ospedale'... insomma sta giovinezza di questi ragazzi baresi può essere stata difficile quanto si vuole, ma possibile che non abbiano mai riso???

    Saluti,
    Massimo

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  2. Totalmente in accordo con quanto scritto da Paola, ho trovato il libro pesante nella lettura e difficile nella punteggiatura, a volte mi è sembrato che Lagioia cerchi di emulare lo stile di Burroughs in "Il Pasto nudo"
    anche per me il voto è un 7 ma non di più, non mi è piaciuto così tanto.

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  3. Con fatica, stavo per finire il libro di Lagioia e non riuscivo a capacitarmi della lunga serie di recensioni entusiastiche che avevo letto finora, poi mi sono imbattuto nella tua e questo mi ha rincuorato almeno un po', davvero complimenti.
    Sono d'accordo con le tue osservazioni, anche secondo me è venuto fuori un pastiche di roba senza nessun amalgama. E pure io penso che qualunque osservazione appena appena discreta fosse rovinata subito dopo da un passo che ne spezza il ritmo.
    Non è che fosse determinante, era giusto per dirtelo.

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  4. Grazie Byronblack per avermi scritto questo commento, continuavo ad essere un po' perplessa dopo aver scritto la recensione, perché parlando con le persone ascoltavo solo lodi.... Scusa il ritardo nella risposta.
    Paola

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