sabato 28 novembre 2009

DIFENDERE LE ISTITUZIONI PER DIFENDERE LA NOSTRA LIBERTÀ


 Fonte articolo: Ciampi: "Basta leggi ad personam
Berlusconi delegittima le istituzioni"

da il quotidiano “Repubblica”
del 23 novembre 2009
di Massimo Giannini

Ciampi - La mia amarezza deriva dalla constatazione ormai
quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non
solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio degrado dei
valori collettivi, si percepisce un senso di continua
manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli
che sono i punti cardinali del nostro vivere civile". Vale per
tutto: non solo i rapporti tra politica e magistratura.
Le relazioni tra potere esecutivo e Parlamento, tra Governo e
Presidenza della Repubblica, tra premier e organi di garanzia,
a partire dalla Corte costituzionale. L'intero sistema istituzionale,
secondo Ciampi, è esposto ad un'opera di progressiva
"destrutturazione". "Qui non è più una questione di battaglia
politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni
democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi
dell'edificio democratico, cioè le istituzioni, e si umiliano i
valori che le istituzioni rappresentano.

E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione
napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari
gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti
delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni,
occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali
di democrazia.

"Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica
regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò
che puoi. Detto altrimenti: resisti".

«Bisogna continuare a fare quanto si può, giorno per giorno;
nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non
è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai
troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che
fai potrà servire
».

Italo Calvino
La giornata di uno scrutatore

domenica 22 novembre 2009

Le conseguenze del "Processo breve"



Molti dei nostri uomini politici sono degli incapaci.
I restanti sono capaci di tutto.


Boris Makaresko

sabato 21 novembre 2009

INFLUENZA A: tanti dubbi

Commento di
Paola Borraccino



Non condivido tutto ciò che questo vlogger dice, ma trovo
interessantissimo il documento inserito
(si tratta della relazione del Ministro della Sanità della
Polonia al Parlamento sulla opportunità di promuovere
una campagna di vaccinazione su vasta scala nel Paese).

Gli spunti di riflessione sono numerosi. e, perlomeno,
il Ministro polacco cita dati attendibili, a differenza delle voci
incontrollate che impazzano sulla rete.

Il problema di internet è il divario abissale tra l'impossibilità
di verificare le fonti e la schiacciante pervasività delle
notizie che esso diffonde.

Circa l'influenza A, sta trovando sempre maggior spazio l'idea
secondo cui il virus sarebbe stato fabbricato in laboratorio
per uno dei seguenti motivi:

1)Uccidere il Presidente Barak Obama, il quale sarebbe dovuto andare
in Messico quei giorni e/o ricevere un archeologo, che pare essersi
infettato nei giorni antecedenti alla data, in cui era previsto
l'appuntamento col Presidente, e poi essere morto.

2)Diminuire gli abitanti del pianeta Terra.

3)Distrarre le persone da ciò che sta accadendo ed, in particolare,
dai disastri provocati dalla crisi del sistema economico occidentale.

Sorvolo sulla plausibilità dei singoli punti, però voglio
anche sottolineare che illustri genetisti e accreditati epidemiologi
hanno dichiarato che la struttura genetica del virus in natura
non si sarebbe potuta avere, cioè il dna del virus contiene
componenti che non possono mischiarsi, secondo i procedimenti
biologici; da ciò si ricaverebbe l'origine artificiosa del virus,

in altri termini, IL VIRUS DELL'INFLUENZA A SAREBBE STATO CREATO
DALL'UOMO IN LABORATORIO.

La trasmissione SCENARI di Rainews si è occupata di tutte queste
problematiche in modo molto efficace. Qui di seguito ho postato
il video relativo alla prima parte della puntata, ma vale la pena
visionare anche le altre due parti, che completano la puntata.




Mi pare che verità, evidenze scientifiche e regole di buon senso, nelle
situazioni di confusione e psicosi collettiva, finiscano con l'essere
mischiate con notizie verosimili, bufale, leggende metropolitane ed
assurdità di ogni tipo,.

Questo è accaduto altre volte ed è inevitabile e, comunque, gli
strumenti per valutare la veridicità di tali notizie sono fuori
dalla portata del normale cittadino, per cui restano speculazioni
che alimentano scenari di cospirazioni e trame degne di un triller.

Ciò che si può e si deve fare è pretendere chiarezza dai responsabili
della salute pubblica e verificare che dietro le prescrizioni
mediche e medicinali non ci siano interessi mercenari o
semplice sciatteria.

Purtroppo in Italia le cose serie sono affrontate spesso
con colpevole negligenza, senza mai dimenticare che i meccanismi
di selezione della classe dirigente non sono volti ad individuare
gli elementi maggiormenti idonei rispetto alla carica/all'incarico.

Il passato remoto, quello recente ed il presente gettano ombre sinistre
sul nostro futuro e sulla speranza di avere persone competenti ed oneste
in posti di responsabilità.

È notizia di ieri che la seconda Carica dello Stato, il Presidente del
Senato Schifani, 15 anni fa difendeva il gotha dei mafiosi, nell'esercizio
della sua professione di avvocato.

E se qualcuno si stesse domandando cosa c'entri questo con l'influenza
A, io rispondo: TUTTO È POLITICA.

domenica 1 novembre 2009

DESERTIFICAZIONE CULTURALE E DEGENERAZIONE DELLA DEMOCRAZIA

Fonte
Corriere della Sera 12 dicembre 2008

«Relativismo, una maschera del nulla»
Oggi l' «incultura dell' optional» mette tutto sullo
stesso piano, dalla pornografia alla fede


di CLAUDIO MAGRIS

[La degenerazione della democrazia si rivela in] una politica che
ha abdicato a ogni visione del mondo e si è ridotta a mera gestione
- talora a indebita appropriazione - dell' esistente, declassando la
democrazia a «dittatura dell'opinione pubblica manipolata che legittima
ogni forma di demagogia posta al servizio degli interessi dominanti sul
piano economico e finanziario» [1].

È un ritratto perfetto dell' Italia di oggi.

Alle classi tradizionali è subentrato un gelatinoso «ceto medio» che non
ha nulla della classica borghesia e che produce e consuma - scrive Perlini riprendendo un'osservazione di Goffredo Fofi - una colloidale «cultura media» che avviluppa come un chewing gum i giornali, l'università, la televisione, l'editoria, il dibattito intellettuale, livellando ed equiparando tutti i valori in una melassa sostanzialmente uniforme e
facilmente digeribile, che smussa ogni reale contraddizione e scarta o
disarma ogni elemento capace di mettere realmente in discussione
l'ordine imperante - ogni scandalo e follia della croce, per citare
il Vangelo.


Questa medietà non è la modesta e onesta tappa in cui quasi tutti noi
mediocri siamo ovviamente costretti a fermarci nel cammino verso l'alto,
ma è la totalitaria eliminazione di ogni tensione fra l'alto e il basso,
l' ordine e il caos, la vita e la morte, il senso e il nulla.
___________________________________________________

(1) Le frasi tra virgolette sono tratte dal fascicolo “Verità relativismo
relatività” (ed. Quodlibet), curato da Tito Perlini, autore
dell'affascinante saggio che lo apre; tale fascicolo compone il
numero pubblicato nel dicembre 2008 dell' «Ospite ingrato»,
rivista del Centro studi Franco Fortini.

Interprete e seguace del marxismo critico della Scuola di Francoforte,
sulla quale ha scritto pagine fondamentali, è figura intellettuale di
rilievo nella sinistra minoritaria italiana e aperto a
quell' «assolutamente Altro» di cui parlava Horkheimer, Perlini è
una delle intelligenze che hanno capito più a fondo le trasformazioni
epocali degli ultimi decenni.

sabato 31 ottobre 2009

GRANDE FRATELLO E LA DESERTIFICAZIONE CULTURALE





I due video sono in par condicio

commento di Paola Borraccino

Il fatto che ci vengano ammanniti programmi come
il Grande Fratello è la prova evidente che c'è un chiaro
progetto di tenere il popolo ignorante in senso assoluto.

Ignorante nel senso di sopraffatto da una mole enorme
di dati in cui il nome della velina di turno si
confonde insieme ad una notizia di un attentato in Iraq.

Ignorante perché solleticato nei suoi istinti beceri.

Ignorante perché si diverte come un bambino con il
teatrino delle marionette e non capisce che c'è qualcuno che
dietro tira i fili.

I mezzi di distrazione di massa sono il braccio armato
di un regime strisciante nel mondo occidentale.
(Tra gli altri fatti, c'è da riflettre su quello che sta
succedendo in Francia rispetto al figlio di Sarkozy,
censura inclusa).

Il tutto mentre l'Europa ha più di 5 milioni
di disoccupati in più.

RIPRENDIAMOCI LA NOSTRA LIBERTÀ

LA CULTURA È L'UNICO BALUARDO AL DEGRADO.

Chi vuole asservire un popolo deve instupidirlo,
trattarlo come un bambino, presentandogli le ombre
proiettate sulla parete della caverna come la realtà.

Il nostro intelletto è in catene e noi
siamo sedati.

Iniziamo a rompere le catene e a disintossicarci
non vedendo ignobili trasmissioni televisive e stando
attenti affinché la scuola rimanga luogo di cultura,
in cui i ragazzi maturino uno spirito critico.

La conoscenza è la prima forma di libertà.

E vale la pena sicuramente alzare il deretano dal divano
per scoprire che è meglio essere protagonisti di una
giornata, magari un po' banale, ma vera e nostra,
piuttosto che spettatori imbambolati da uno
spettacolo finto.

Oltre tutto abbiamo "circenses" ma non il "panem".

Persino gli schiavi nell'antichità avevano diritto
ad un tozzo di pane ed un tetto. Per legge.

Tiriamo le conseguenze.

venerdì 30 ottobre 2009

LE COINCIDENZE NON ESISTONO/2



Il Parlamento dei nominati impuniti, saldamente ancorati alle poltrone,
salva uno dei suoi, nella prospettiva che oggi tocca a te e domani
potrebbe toccare a me, per cui tutti inquadrati e coperti.

Il momento è ok per... ta ta, ta ta, ta ta ta ta ta:
MATTEOLI!

L'aula vota la non autorizzazione a procedere, niente processo
per favoreggiamento per l'esponente pdl. "Era nell'esercizio
delle sue funzioni".

Si veda il post del 31 luglio 2009 su questo sito e dopo si
legga qui di seguito.

Fonte
http://www.dire.it/DIRE-POLITICO/lodo_matteoli.php?c=25860&m=9&l=it

ROMA - L'aula della Camera vota la non autorizzazione a procedere nei
confronti del ministro alle Infrastrutture, Altero Matteoli, salvandolo
in pratica da un processo per favoreggiamento per aver informato, nel
2004, l'allora prefetto di Livorno, Vincenzo Gallitto, di un'inchiesta
a suo carico per abusi edilizi. A votare a favore sono stati Pdl,
Lega e Udc. A votare contro Pd, Idv. I sì sono stati 375, i no 199,
nessun astenuto.
L'assemblea di Montecitorio conferma la decisione della Giunta per le autorizzazioni, approvata nel luglio scorso, secondo la quale il reato
di cui era accusato l'allora ministro dell'Ambiente è di tipo
ministeriale, ossia compiuto nell'ambito delle sue funzioni.
"E' la prima volta- sottolinea il relatore, Maurizio Paniz (Pdl)- che
nell'aula della Camera si affronta l'articolo 96 della Costituzione.
C'è un unico precedente al Senato".
L'articolo in questione così recita: "Il presidente del Consiglio dei
ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti,
per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla
giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della
Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite
con legge costituzionale"
. Il voto è avvenuto a scrutinio segreto.

PD: "GRAVISSIMO" - "Oggi si commette una cosa gravissima, sia da un
punto di vista della forma che della procedura". E' quanto dice il
vice presidente del Pd alla Camera, Gianclaudio Bressa, all'avvio
della discussione in aula del 'lodo Matteoli'. "la Camera- prosegue-,
così, si sostituisce a un tribunale per qualificare il tipo di reato".
Bressa contesta poi che sia Montecitorio a decidere sull'autorizzazione
a procedere e non il Senato, dove il ministro è stato eletto in questa
legislatura. "E' stupefacente, orribile- continua l'esponente del Pd-
che un ramo del Parlamento decida una strada diversa da quella definita
dalla Costituzione".

DI PIETRO: "LA CASTA LA FA FRANCA" - "E' compito dell'autorità
giudiziaria decidere cosa è penalmente rilevante e cosa non lo è, e
non del Parlamento".
E' quanto afferma Antonio Di Pietro intervenendo nell'aula della Camera
nel corso del dibattito sul cosiddetto 'lodo Matteoli'. "Il Parlamento
non decide nel merito di un reato- sottolinea il leader Idv- anche in
questo caso si by-passano le regole del gioco utilizzandole in modo
illegittimo.
Dall'immunità si passa ora all'impunità perchè si vuole sfuggire al giudizio
dei giudici. Con una beffa del destino- continua- quello che non è riuscito
per il premier, prima con il lodo Schifani e poi con il lodo Alfano, entrambi bocciati, si cerca di attuarlo per un ministro del suo governo". Poi,
rivolgendosi ai banchi del ministri, Di Pietro dice: "Oggi siete qui
al gran completo non per parlare dei problemi reali della gente, ma perchè
dovete pigiare un bottone per salvare la poltrona a un vostro sodale.
L'Idv- aggiunge- vota contro la decisione della Giunta di concedere
l'impunità e permettere che ancora una volta la casta la faccia franca
rispetto ai cittadini comuni".
28 ottobre 2009

Per chi si voglia documentare sul sito del Senato si può leggere
il resoconto sommario della Giunta delle elezioni e delle
immunità parlamentari al seguente link
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=00426849&part=doc_dc-sedetit_mdc&parse=no

giovedì 29 ottobre 2009

Le mie divergenze con il compagno PD


di ANDREA SCANZI
da MicroMega 5/2009

"La sinistra, prima del Partito Disastrati, era la culla della
cultura. Aveva tanti padri fondatori, tanti maestri. Tanti sciamani.
E adesso? Anche adesso, solo che il Partito si è spostato così tanto
al centro, o ancora più verso la terra di nessuno, che ormai come
maestro va bene tutto"
...(omissis)
Adesso il Pertito Dalem(m)a varca nuove frontiere, con il
pionierismo caro agli hobos americani: ora a dettare la linea non è
più Marx, Karl o Groucho fate voi. Non è Engels, non è Gramsci e pure
i riformisti (ché loro sono riformisti, ricordatelo) come Nenni
dateli al gatto.
Ora il vuoto pneumatico di idee è tale che, pur di darsi una verniciatina
minima di antiberlusconismo, va bene tutto. Va bene Gianfranco Fini,
che oramai sta a Bersani come Fidel Castro a Galeazzo Ciano (o forse
dovrebbe essere viceversa). Va bene Mike Bongiorno, che in vita era
stato relegato a mero rincoglionitore di casalinghe di Voghera, ma che post
mortem urge santificare - etratteggiare- come guevarista inconsapevole,
come pedagogo bolscevico.
...(omissis)
E vanno bene- ma sì, dai- pure la Chiesa, l'ex direttore di Avvenire,
la Cei, il Vaticano, Monsignor Fisichella, papa Benedetto XVI e tutti
quelli che, alla bisogna, possiamo far passare per oppositori del premier,
cioé interpèreti di quel ruolo che, in via teorica, dovrebbe essere
appannaggio (?) del Partito Deb(o)ra."

commento di Paola Borraccino

MicroMega è una rivista splendida, ma dichiaratamente per fighetti,
ammettiamolo.

Il numero in edicola viene incontro al lettore più comune, con un
linguaggio meno impostato e più colloquiale, senza rinunciare al
rigore dell'analisi e l'onestà intellettuale della critica.

L'editoriale rende esplicite le motivazioni che hanno spinto
la redazione ad aprire, apparentemente, il fuoco amico: in
particolare l'inchiesta svolta sul'IDV potrebbe sembrare al
lettore un gratuito attacco all'unica opposizione degna di questo
nome.

Condivisibile, invece, negli intenti, questa tensione al
miglioramento che la rivista esprime, interpretando un
diffusissimo sentimento popolare che con la propria parte è più
intransigente che nei confronti del mondo berlusconiano nel
suo complesso.

La tendenza a non voler perdonare gli errori della sinistra
da parte di coloro che si collocano politicamente nella stessa area
non deriva da una pretesa superiorità morale, al di là di ogni
evidenza (al massimo il complesso di superiorità affligge la classe
dirigente, non la base), ma dalla convinzione che per vincere
contro "questa destra" bisognerebbe essere realmente alieni.

Intendo il termine "alieno" nell'eccezione latina di altro,
diverso al punto da strutturare l'identità del soggetto che sta
riflettendo rispetto all'interlocutore per contrapposizione (es. di fronte
ad un musulmano turco, il soggetto agente riconosce le alterità che lo caratterizzano, perchè egli fa riferimento ad un diverso modello
religioso e culturale tout court).

Se non ci si distingue, se, nella migliore delle ipotesi si è
pallidi emuli di qualcuno, su cosa si fonda la speranza di una vittoria?
Mi viene in mente sempre un caso politico. Nel 2005 si svolsero
le primarie per scegliere il candidato alla Presidenza della Regione
Puglia tra Vendola e Boccia.
Il primo lo conoscono tutti, Boccia, invece, è conosciuto a livello
regionale.

Girava in città la voce che molte persone di destra, al fine di
favorire l'elezione del Governatore uscente, avessero votato
per il comunista presidente dell'Arcigay, ritenendo che egli non
avesse chance alcuna contro Fitto, il ragazzo dalla faccia pulita
che piace alle mamme e allle nonne, forte del sostegno del
mondo cattolico, in quanto ex CL.

Insomma i bookmakers indigeni ritenevano che Boccia potesse essere
un pericoloso rivale, in quanto cattolico osservante, economista
bocconiano, eterosessuale e giovane, senza un passato politico
ingombrante, cioè un candidato neutro nella sua spendibilità
nell'agone politico, un tecnico. Credibile.

Sappiamo chi vinse.

Voto all'articolo di Andrea Scanzi 7 e 1/2,
il numero di MicroMega è eccellente come al solito, ma l'articolo
di Scanzi è un valore aggiunto che dovrebbe spingere all'acquisto
e alla lettura della rivista, perché regala un tocco di
intellettualismo ironico e lieve.

martedì 20 ottobre 2009

SCUDO FISCALE: la pietra tombale sulla legalità




Si consiglia anche la lettura dell'articolo:
"Scudo fiscale, come evitare che aiuti le mafie"
di Roberto Scarpinato
Pm presso la Direzione Antimafia di Palermo
da Il fatto quotidiano n. 7 del 30 settembre 2009
all'indirizzo http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&yy=2009&mm=9

mercoledì 7 ottobre 2009

7 ottobre 2006 uccidono Anna Politkovskaja



di Paola Borraccino

Efraim Medina Reyes, scrittore colombiano pubblicato anche in Italia, in un
articolo intitolato “La seconda regola” enuncia quello che, secondo lui,
è il compito di ogni scrittore: aiutare le persone a
prendere coscienza del mondo, stimolare la
loro capacità di discernimento e fornire elementi di giudizio;
perché scrivere significa assumersi una responsabilità
.

Dall’altro lato, invece, ci sono coloro che, con atti, scritti,
discorsi, esternazioni ed omissioni fanno quanto è in loro potere
per impoverire la percezione di chi legge creando e alimentando
una vera e propria industria, che produce e vende schifezze per
ingrassare i mammiferi e farli sprofondare ancora di più
nell’incoscienza
.

Il fine non dichiarato è quello di uccidere la Bellezza concreta
e non concreta del mondo.


Mi vengono in mente le parole di Peppino Impastato, che nel film
“I Cento passi” Luigi Lo Cascio recita quando dall’alto di una
collina, ammira il paesaggio siciliano deturpato dalle costruzioni
abusive, laddove si dice che ci si abitua alla violenza quotidiana
e che l’unica salvezza è riposta nella forza redentrice della
Bellezza, ma bisognerebbe prima insegnare alle persone a
riscoprire la Bellezza del mondo: la bellezza della verità,
dell’onestà, della legalità, del rispetto e del vero onore.

Quando lessi questo articolo, pubblicato dalla rivista
“Internazionale”, nell’aprile 2007, Anna Politkovskaja era
morta da circa 7 mesi ed io pensai proprio a lei e a pochi altri,
come portatori di verità.

Quando si incontra la Verità si capisce che il Relativismo gnoseologico
è l’aberrazione della Ragione: non esistono versioni differenti,
la verità è una o non è. È immediatamente percepibile e riconoscibile,
ecco perché esistono espressioni come verità lampante.

Tutto ciò che nega la Verità richiede truppe cammellate di avvocati
e di specialisti: essi devono spiegare, precisare e perorare.
Alla fine differenze, che inizialmente erano nettissime,
contraddizioni stridenti, incongruenze enormi si conciliano
in un unicum indistinto, dove tutto scolora in labili
sfumature.

Si pensi alla sbobba mediatica che ci propinano da mane a sera,
in cui convergono le parallele e gli opposti si toccano, in cui
tutto è minimizzato e mescolato, tra urla e siparietti beceri,
cui si aggiunge un po’ di psicanalisi da parrucchiere, il parere
dei soliti esperti e cenni brevi dell’universo.

A furia di ingoiare questo pastone, come scrive Vittorio Giacopini,
siamo sempre più assuefatti, complici, imbolsiti, siamo un po’
tutti sotto anestesia.


Io dico semplicemente che Anna Politkovskaja è morta da tre anni
e noi tutti siamo un po’ più soli, ma questa non può essere
una scusa.

domenica 4 ottobre 2009

La geografia e il fattore K come fortuna




di Paola Borraccino

I luoghi hanno potere, come dice Richard Sennet: Si possono
comprare tutte le azioni che si vogliono anche stando a Dubuque,
nell'Iowa, ma è un pò' più difficile creare una sede di Borsa
tra i campi di grano
: sarà per questo che Messina non è Milano.

Piove Governo ladro.
Non esistono più le mezze stagioni.
Natura matrigna.
L’imprevedibile.
Tragedia annunciata.
Fenomeno atmosferico eccezionale.
Le prefiche de: “L’avevo detto”.
La montagna entra dalla porta, ma aveva bussato due anni fa.
I palazzi a 6 metri dal mare sulla fiumara.
Abusivismo.
Se lo sono cercato.
Quelli che quando passa Bertolaso, anche i gatti neri si graffiano
i testicoli.
Le 800 variazioni al piano regolatore.
Abbiamo dimenticato Sarno.
I soldi dati alla Sicilia qualche mese fa a Lombardo, perché non
si scindesse dal PDL.
Un Sindaco figlio di Sindaco.
La Procura indaga.
Le persone che gridano assassini alla volta dei politici e la
televisione trasmette gli applausi al Satiro-ridens.
I morti ed ancora i morti.
Legambiente dichiara: gestione dissennata del territorio.
ALLARME inascoltato.
Un torrentello di 1 metro e mezzo, si è allargato in maniera
abnorme.
Giampilieri.
Case-palafitte di cemento.
I geologi questi sconosciuti.
Il piano casa avrebbe portato Scaletta Zanclea in tutta Italia e cosa
porterà lo scudo fiscale lo vedremo.
Alla fine della fiera c’è sempre un’amnistia.
Rimarranno TUTTI IMPUNITI.
Le vittime non sono tutti uguali.
Neanche un minuto di silenzio.
Parole parole parole.
La Costituzione è diventata carta straccia.
Amen

sabato 3 ottobre 2009

FOTO DI CLASSE di Mario Desiati


Editore Laterza 2009
pp.133
10 Euro

Mario Desiati lavora in campo editoriale e questo emerge
chiaramente sin dalle prime battute.

Il libro è ben scritto, pulito, irreprensibile nella sintassi e
nella punteggiatura e nella scansione dei toni dei vari
capitoli ed all’interno di ciascuno delle unità narrative.

Questi stessi pregi, però, si trasformano in punti deboli, perché
comunicano nella lettura un senso di artefatto.

Chiaramente l’arte è costruzione, tuttavia la bravura dello
scrittore si misura, in parte, nella capacità di non lasciar
trasparire il lavoro della scrittura, per proiettare il lettore
emotivamente nei paesaggi descritti im-mediatamente, (vale
a dire senza mediazioni), in modo tale che risulti assente
qualunque filtro.

L’autore, nelle note finali, spiega il percorso compiuto
per trovare e raccontare le sue storie e rivela,
implicitamente, il motivo queste storie non funzionino:
contrariamente a ciò che il titolo del libro lascia immaginare,
i protagonisti dei capitoli, “gli ex compagni di classe” non gli
sono vicini, sono solo estranei di cui ha raccolto le esperienze.

Nonostante Desiati abbia regalato ai suoi personaggi
aneddoti e sfumature, per mettere in risalto le loro
personalità, gli uomini e le donne del libro rimangono
chiusi in alcune categorie e per tutti rimane un indistinto
senso di fallimento in sottofondo che non rende giustizia
alla varietà delle esperienze dei meridionali trapiantati/
spatriati/fuori sede o comunque li si voglia definire.

Tutto il libro è reso, inoltre, claustrofobico dalla
dimensione paesana ed i troppi riferimenti dialettali
contribuiscono ancora di più a restringere l’orizzonte
spirituale, che l’autore interpreta, invece, come universale.

Non ho citazioni da suggerire, sebbene le descrizioni
del paesaggio reale avvelenato dall’ILVA, il distretto
industriale siderurgico di Taranto, valga la lettura,
forse perché sta veramente a cuore all’autore
originario della provincia tarantina.

Tali passaggi del libro hanno delle punte di
lirismo notevoli, informano, commuovono e
coinvolgono. Sarebbero un perfetto commento
sonoro in un eventuale documentario-inchiesta, mentre
scorrono le immagini dei danni causati, direttamente ed
indirettamente, alla salute e all’ambiente dalle emissioni
dell’impianto, che usa una tecnologia vecchia e, nonostante
i milioni e milioni di Euro erogati dallo Stato, non ha mai
adeguato gli impianti alle norme per la sicurezza.

Voto 6+
Consigliato a chiunque viva la condizione del fuori sede,
fosse pure a casa sua.

domenica 13 settembre 2009

La crisi sta finendo



la Repubblica 12 settembre 2009
Nuovo suicidio a France Telecom è la 23esima vittima in
18 mesi

Di lavoro si può morire anche dopo averlo perso o per paura
di perderlo. Tanto da produrre una vera e propria psicosi,
come quella in atto a France Telecom dove sono in corso
pesanti taglia al personale. Sono saliti a 23 i dipendenti
che si sono tolti la vita negli ultimi 18 mesi. Il caso più
recente riguarda una donna di 32 anni: lavorava all'assistenza
dei clienti di Orange, la divisione di telefonia mobile del
colosso transalpino, e si è suicidata lanciandosi da una finestra
del suo ufficio al termine di una discussione sulla
riorganizzazione del servizio. mentre in precedenza un tecnico di
49 anni si era pugnalato sull'addome dopo aver saputo che
gli sarebbe stato affidato un incarico di qualifica inferiore.
Così la compagnia (sono circa 100 mila i dipendenti) ha deciso
di sospendere la ristrutturazione e di assumere cento responsabili
delle risorse umane in vista dell'apertura di negoziati sullo stress
da lavoro. I sindacati, però, chiedono allo sttao, in qualità di
maggiore azionista dell'azienda, di organizzare un piano di
prepensionamenti equo e sostenibile.

Corriere della sera di sabato 12
Brevi PARIGI
Un altro suicidio a France Telecom

Una dipendente di France Telecom, Pierre Morville, 32 anni, si è lanciata dal quarto piano di un edificio dell' operatore francese di telefonia a Parigi. È morta dopo poco. Secondo un delegato della rappresentanza sindacale Cfe-Cgc, la donna si è uccisa «al termine di una discussione sulla riorganizzazione dei servizi». Il suo è il 33° suicidio negli ultimi 18 mesi: 22 si sono tolti la vita, altri 11 hanno tentato. Tutti lavoratori del gigante telefonico francese che dal 2002 in poi ha tagliato 40 mila posti di lavoro.


Commento di Paola Borraccino
La Repubblica relega la notizia a pag.34 il Corriere a pag 23; c'è una
difformità di cifre, ma entrambi dedicano poco spazio, in termini
di righe e visibilità: per non contraddire le notizie che essi stessi
danno su primi timidi segnali di ripresa o per non diffondere pessimismo?
Come se ci fosse qualche rischio di presa di coscienza di classe o
di semplice consapevolezza!

I lavoratori sono troppo impegnati a tirare a campare per poter
pensare di alzare la testa e capire che è il momento di guardarsi
intorno, incontrare lo sguardo di chi ti è prossimo e cercare di
capire da dove arrivano le mazzate.

Come dice Travaglio ci pisciano addosso e ci dicono che piove...ed io
aggiungerei : E noi non apriamo neanche l'ombrello, ma ci limitiamo a
sospirare.

mercoledì 9 settembre 2009

Dietro lo sfacelo c'è un piano premeditato. Ci stanno fott....!



Discorso pronunciato al III Congresso in difesa
della Scuola Nazionale a Roma l’11 febbraio 1950.
di Piero Calamandrei

"Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al
potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole
rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza.
Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in
alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere,
una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle
scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?
Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere
imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre,
perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante
segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle,
ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire
le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo
partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad
andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi.
Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste
scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di
Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone
di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare
i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private.
A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno
e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola
privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare
apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in
malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna
discutere. Attenzione, questa è la ricetta.
Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina.
L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole
di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci.
Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo
sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che
vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare.
Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private
denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro
pubblico
".

commento di Paola Borraccino

Ciò che sta succedendo alla scuola era uno dei punti
fondanti del programma di Licio Gelli.

In seguito ai tagli ci sono classi con 40 ragazzi.
Ma secondo voi, si può apprendere qualcosa? Si riesce a
svolgere un programma degno di questo nome?

Secondo voi è nell'ordine delle cose che ragazzi diplomati
abbiano difficoltà a capire il significato di un testo
mediamente strutturato?
Guardate i risultati dei test di comprensione
della propria lingua a livello europeo, sapete a che posto è
l'Italia nella graduatoria stilata sulla base delle
performances? Chiaramente in fondo alla lista.

Prima l'istruzione era un mezzo di promozione sociale,
ora con una laurea un ragazzo può aspirare legittimamente
a lavorare... in un call center con un contratto a progetto.

Addirittura si fa fatica a raggiungere la posizione sociale
dei propri genitori (Es. il figlio laureato di un impiegato
diplomato non riesce a trovare un impiego con un livello di
retribuzione congrua per un diplomato).

UN PAESE INGESSATO SOCIALMENTE IN CASTE

Non è accettabile!

Attenzione: tutto questo non è un caso; infatti, come scrive
Octavio Paz

"Una nazione si corrompe quando si corrompe la sua sintassi".

domenica 6 settembre 2009

Walter Tobagi. Giornalista

È andata in onda su La7 venerdì 4 settembre 2009
"Walter Tobagi. Giornalista", una puntata
tutta dedicata al giornalista del Corriere
della Sera assassinato il 28 maggio del 1980.
Per chi l’avesse persa, consiglio di visitare
il link seguente:

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.
asp?prop=specialiomnibus&video=30099


Gentile dott. Piroso,

lo special su Tobagi è stato eccellente.
Sebbene io conoscessi già la vicenda (ho letto molti
dei libri da Lei citati) il Suo racconto ha catturato
la mia attenzione dall’inizio alla fine, confutando
così la dichiarazione di Vittorio Zucconi, il quale
scrive che “la verità immaginabile è sempre più
appassionante della verità dimostrabile”.

Pur non essendo un attore come Ascanio Celestini
o un affabulatore come Lucarelli, ha ricostruito la
successione degli eventi in maniera molto chiara ed
è riuscito ad imprimere alla narrazione un ritmo
incalzante: veramente notevole.

Non sempre concordo con le Sue opinioni, ma è sempre
un piacere confrontarsi, idealmente,
con una persona intelligente e preparata.

La ringrazio per aver fatto un lavoro onesto e curato,
anche a nome di coloro che non hanno tempo, modo o
voglia di esprimere il loro giudizio, ma,
ciò nondimeno, hanno gustato la trasmissione.

Tra parentesi, intervenire sul sito de La7 è disagevole:
ho dovuto ripetere la procedura ben 15 volte,
prima di riuscire ad iscrivermi ed ho rinunciato
a postare un commento, perché il sistema
continuava a segnalare un errore.

La prego, continui a coltivare il vizio della memoria.

Con stima

Paola Borraccino

Beslan 1-3 settembre 2004


fonte
sito UNICEF

http://www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/500
Il 1° settembre 2004, alla riapertura dell'anno scolastico, un commando indipendentista ceceno, munito di esplosivi e armi da fuoco, fa irruzione in una scuola della città di Beslan (Repubblica dell'Ossezia del Nord, Caucaso, Federazione russa) e imprigiona oltre mille ostaggi.

Più del 70% sono bambini.

Per due giorni la scuola è posta sotto assedio, gli ostaggi esposti come scudi umani, costretti in uno spazio molto ristretto e impossibilitati a mangiare e bere.

Il 2 settembre, grazie ad un lavoro di mediazione, 26 ostaggi vengono liberati: sono i bambini più piccoli e alcune donne.

Ma il 3 settembre a seguito di esplosioni e colpi di arma da fuoco, provenienti dall'interno della palestra, crolla il tetto della scuola.

Questo dà il via all'azione delle forze speciali della polizia russa, che tenta di liberare gli ostaggi scatenando la feroce reazione dei terroristi.

Il bilancio finale dell'intera operazione: più di trecento (335 di cui 186
bambini) i corpi che restano sul terreno.

Si veda la scheda su Beslan all'interno dello speciale di Omnibus
condotto da Antonello Piroso: "Walter Tobagi. Giornalista", 2a parte
fino al minuto 8.
link
http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=specialiomnibus&video=30375

mercoledì 2 settembre 2009

"ACAB" di Bonini diventerà un film o una fiction

Non ne avevo idea, ma sono felice che il mio giudizio
abbia trovato un riscontro concreto. Sarebbe interessante
se fossero inseriti pezzi di telegiornali e video privati,
che mostrino le contrapposte prospettive. Io ho scelto
questo video tra i tanti presenti in rete. Dopo aver
letto il libro osservo tali scene con un'attenzione
maggiore.
Paola Borraccino

fonte Adnkronos -
Dopo aver prodotto il film-cult e la serie tv,
recentemente trasmessa con grande successo da Sky,
tratti dal libro di Giancarlo De Cataldo "Romanzo
Criminale", Cattleya - società di produzione
cinematografica e televisiva - si assicura i diritti
di un nuovo caso editoriale: "ACAB" di Carlo Bonini.
Acronimo di "All cops are bastard" (in italiano,
"tutti i poliziotti sono bastardi"), il termine
'Acab', partendo dal movimento skinhead inglese
degli anni Settanta, si è esteso al mondo degli
ultras e dei tifosi delle squadre di calcio ed è
oggi diffusamente riconosciuto come il richiamo
universale alla guerra di strada e all'odio verso
le forze dell'ordine. 'ACAB' racconta la parabola
di tre poliziotti, anzi di tre "celerini",
Michelangelo, Drago e lo Sciatto, tre duri da sempre
abituati al confronto quotidiano con la violenza di
strada, che si rendono conto di essere intrappolati
in un meccanismo perverso che li vuole quotidianamente
carnefici e vittime di odio e violenza. Un cortocircuito
che inevitabilmente si riflette nel loro lavoro e nelle
loro turbolente vite private, generando un vortice di
azioni e pensieri fatti di rabbia, odio, emozione e
grande umanità. Le riprese cominceranno nel 2010.
Ancora non e' stato annunciato il regista che le dirigerà,
né se si trattera' di un film per il cinema o di una
fiction. O di entrambi.

martedì 1 settembre 2009

TRADITORI DI TUTTI di Giorgio Scerbanenco


edizione
La biblioteca di
Repubblica-Espresso
collana Noir italiano
7,90 Euro

recensione di
Paola Borraccino

Questo romanzo non merita l’appellativo di poliziesco, il solo fatto di
attribuirlo alla categoria noir lo sminuirebbe; come dire che Il giorno
della civetta di Sciascia è semplicemente un giallo.

Scerbanenco raggiunge delle vetta altissime e ciò è impressionante
se si pensa che l’italiano non è la sua lingua madre. Egli nacque a
Kiev, in Ucraina e si trasferì in Italia, a Milano, per la precisione,
all’età di sedici anni.

La sintassi è lontana dagli autori moderni, con periodi lunghi e
complessi, mai pesanti, però.
Lo stile è unico e peculiare: riesce a trasfondere il ritmo del parlato,
analisi psicologiche, conversazioni con il lettore, mentre scorrono
dialoghi perfettamente equilibrati e veritieri. Viene in mente un altro
maestro, anzi mostro sacro Simenon.

Affermo che, per certi versi Scerbanenco è superiore al prolifico
autore belga, perché la varietà dei personaggi dell’ucraino è infinita,
invece in Simenon, letti 4 o 5 dei suoi libri, si riconosce una serie
limitata di soggetti e tipologie, soprattutto per quelli femminili.

Avevo già letto "I milanesi ammazzano al sabato" (edizione Garzanti)
ed avevo apprezzato il giornalista che traspariva dalle pagine, ma
in Traditori di tutti emerge la potenza espressiva dello scrittore,
con accenti lirici nelle descrizione dei luoghi reali e dei paesaggi
interiori. Il tocco di eccellenza lo raggiunge nella storia che, per
quanto inventata, si nutre dell'esperienza ventennale dello
Scerbanenco cronista e, quindi, ha tutta la traboccante vitalità e
l'orrore di una pagina di cronaca.

Voto 8.

Consigliato a coloro che leggono triller d'oltreoceano, affinchè
scoprano quanto il reale possa essere intricato e nero, al di là
di ogni fantasia. In Italia.
Consiglio 2: Se non sono riuscita a farvi venire il desiderio
di sfogliare un libro di Scerbanenco, leggete la lettera che
Lucarelli scrive all'autore nel 1999 al link
http://www.carlolucarelli.net/int06.htm

La citazione (impossibile sceglierne una soltanto)

Pag.78
"«Gli tengo anche la casa», disse orgogliosa, soddisfatta di far capire
quello che voleva che loro capissero.
Gliela teneva benissimo, pensò Duca, le mattonelle del pavimento rosse,
erano levigate, morbidamente lucide, non di uno specchiato fastidioso,
erano antiquate e calde di intimità, niente polvere,niente odori, niente
fuori posto, se teneva in ordine così anche Ulrico, Ulrico era
un uomo felice."

Pag.104
“...continuava a ripetere il nome, con dolcezza costituzionale, rispetto
della costituzione che garantisce la libertà al cittadino e ogni diritto
di difesa dal potere esecutivo e da quello giudiziario.”

pag. 105
"...e gli dispiaceva fare ciò che stava per fare, in una così radiosa
giornata di primavera come quella, l’odore di terra che si scalda al
sole entrava finalmente in quella stanza del peccato, ma il vecchietto
non gli aveva lasciato alternative, il vecchietto prendeva gli altri,
e la polizia in particolare, per cretini e minorati mentali, prendeva
a legge e i doveri civici come barzellette che fanno il solletico,
perché aveva, secondo lui, protezioni ben più forti della polizia e
della legge, e allora, benché avanti con gli anni, bisognava
insegnargli a rispettare la legge e la polizia, anche alla
televisione dicevano che non è mai troppo tardi."

giovedì 27 agosto 2009

ACAB All cops are bastards di Carlo Bonini


Einaudi 2009
(collana Stile libero)
16,50 Euro

recensione di
Paola Borraccino

L’autore premette al testo la seguente nota:
“Questa è una storia vera. Non una verità definitiva. È una storia narrata attraverso la scrupolosa raccolta di documenti, atti processuali e
testimonianze dirette di chi ne è stato partecipe, disponibili al momento
della stesura”.

Oserei dire che è quasi una specificazione superflua, leggendo
il testo si capisce subito che si tratta di un materiale vivo
ed ancora bollente.

16 capitoli in tutto, una carrellata di notizia e fatti che hanno
coinvolto, per motivi ed in misura diversa, agenti della
Polizia di Stato.

Ritmo avvincente (fatta eccezione per le dieci interminabili
pagine di referti medici), frasi e frasario molto ben selezionato, che
riesce ad illuminare i problemi con i quali devono confrontarsi
gli agenti ogni giorno, nell'ignoranza ed indifferenza dei
cittadini.

L'unico limite di questo libro è il fatto di essere un libro:
il mezzo più adeguato per il materiale, i contenuti, le scene
sarebbe stata la televisione. Tra l'altro, per il ricorso ad i
dialoghi, il taglio delle scene e le descrizioni concise è già
uno script televisivo.

Un'ottima base per una docu-fiction cui aggiungere pezzi di
telegiornali e parti recitate da attori, per tutelare la privacy
dei poliziotti che hanno espresso opinioni e raccontato vicende
private.

Consiglio: ideale per i ragazzi dell'ultimo anno di scuola
superiore (per aiutare a scegliere con cognizione di causa
coloro che pensini di entrare nelle forze dell'ordine)e
a tutti i cittadini pronti a deprecare, con troppa
superficialità, i modi della Polizia.

Voto 7

La citazione Pag 93
Il male può trionfare se i bravi ragazzi rinunciano all’azione.

Pag 182
- Marescia', ma vuje facesse vivere vostro figlio 'coppa
a 'sta munnezza?
Drago sapeva come risponderle. Sapeva che, al suo posto, sarebbe
stato in mezzo a quella gente. mA non le aveva risposto e per un
po' era rimasto a pensare se, per una volta, avesse fatto male
a tacere.
Ora, però, quei maledetti freni a disco della Smart cancellavano
ogni pietà. Che morissero nella loro merda, che affogassero nel
loro schifo, diceva a se stesso aspettando il lancio del terzo e
del quarto disco. E quello dei bulloni che un tempo dovevano
aver stretto quegli aggeggi ai mozzi delle ruote. Vaffanculo
Pianura e vaffanculo teppa da stadio. Vaffanculo questo paese
pieno di ipocriti. Vaffanculo questo vulcano
in cui ci scanna tra gli ultimi della terra.

martedì 25 agosto 2009

Il passaporto di Eurolandia


di Zsolt Darvas

fonte Rivista online La voce
Articolo completo all'indirizzo
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001245.html

I criteri per l'ingresso nell'area euro sono stati
fissati negli anni Novanta, quando l'Unione Europea aveva dodici membri.
Niente è cambiato in fatto di regole quando gli Stati sono
arrivati a ventisette.
Ora è sopraggiunta la crisi e ripensare i parametri è diventato
indispensabile.
Si possono mantenere gli attuali quattro indicatori, rendendo però più
sensati i requisiti numerici. Ad esempio, legandoli alla media dell'area
e non ai tre paesi più virtuosi.
Stabilità e credibilità della moneta unica non sarebbero in pericolo. Anzi, aumenterebbe la fiducia.

venerdì 21 agosto 2009

21 agosto 1968

I carri armati sovietici entrano a Praga





La notte del 20 agosto del 1968 i soldati sovietici occupano l'aeroporto mentre una colonna di carri armati entra nella città di Praga; all'alba del 21 un commando del Kgb arresta Dubček nella sede del comitato centrale del Partito comunista.

giovedì 13 agosto 2009

Acqua storta di L.R. Carrino


Meridiano zero
125 pp.
10 Euro

Un libro allo stesso tempo piccolo e robusto.

Avevo letto una recensione e mi aveva incuriosita l'argomento,
un amore impossibile tra due uomini appartenti ad un clan camorristico;
quando ho sfogliato alcune pagine in libreria ho capito che dovevo comprarlo.

La prima volta l'ho letto in un'ora, ma poi ho avuto il bisogno di
leggerlo una seconda ed una terza volta.

Veramente notevole.
Sotto tanti aspetti è, però, durissimo.

Questo libro ha un odore, acre selvaggio: di sangue, sudore e altri liquidi corporali.

Suggerisco di fare la prova Brokeback Mountain: se ci si appassiona alle
vicende dei due cawboy, si può pensare di avvicinarsi al testo di Carrino,
altrimenti no.

L'elemento di forza è lo stile, asciutto, che non ammicca mai al lettore e,
ciononostante, appassionante.

Voto 7,5

La citazione pag. 28

"...voglio il sapore suo, quello che c'ha solo lui. Lo arravoglio tutto
quanto. Per un momento penso che lo sto affogando, gli arrivo con la
lingua nella gola,un altro poco gli arrivo nello stomaco.
Sbatto sui suoi denti e mi spacco un labbro.
I pantaloni, i miei, i suoi, le sue mutande: tutto via, senza mai staccare
la mia bocca, senza mai togliere la sua bocca dalla mia."

mercoledì 12 agosto 2009

Revolutionary road di Richard Yates



edizione Vintage
U.S. $ 7.99
8,40 Euro

edizione italiana
Minimum fax
18 euro

Recensione di
Paola Borraccino

Una pietra miliare della narrativa.

Yates analizza le dinamiche di coppia con la precisione e l'attenzione di uno scienziato che osservi un esperimento al microscopio.

Lo stile si mantiene costante, senza variazioni, in armonia con un racconto sostanzialmente privo di fatti. La narrazione è, infatti, costellata di piccoli episodi di vita quotidiana che scorrono come una serie di fotogrammi, apparentemente uguali, tranne che per dettagli infinitesimali. Ciò nonostante l'autore riesce a creare una tensione degna di un triller.

Voto 8 e 1/2

Consiglio: anche chi conoscesse la lingua inglese lo legga in italiano, perché i traduttori Dell'Orto e Lombardi Bom hanno svolto un lavoro eccellente, migliore dell'originale.

La citazione
E poi perdettero il controllo: le loro braccia e gambe erano tutte
un tremito, i loro volti erano deformati dall'odio, ed il calore della loro
lite li spinse sempre più insistentemente a toccare i rispettivi punti deboli,
svelandogli astute vie traverse per aggirare le reciproche posizioni, rapide occasioni per cambiare tattica, finatre a ripartire all'assalto. Nel tempo necessario per tirare il fiato, la loro memoria corse indietro negli anni alla ricerca di vecchie armi con cui riaprire vecchie ferite; e così per un pezzo.

Then the fight went out of control. It quivered their arms and legs and
wrenched their faces into shapes of hatred, it urged them harder and
deeper into each other’s weakest points, showing them cunning ways around
each other’s strongholds and quick chances to switch tactics, feint, and strike again. In the space of a gasp for breath it sent their memories racing back over
the years for old weapons to rip the scabs off old wounds; it went on and on.

sabato 8 agosto 2009

Refusi di Marco Cassini


recensione di
Paola Borraccino

Ci sono parole che esercitano su
di me un’attrazione irresistibile
e “Refusi”, evocando il pianeta
dell’editoria, ha centrato il
bersaglio.

Io coltivo il vizietto dell’editing virtuale.

Intendo dire che l’operazione della lettura è accompagnata da un vero e
proprio lavoro di revisione, che svolgo nel chiuso di casa mia e per
me sola.

È incoercibile la pulsione ad individuare gli errori grammaticali,
così come non posso fare a meno di controllare la punteggiatura,
lo stile, la coerenza interna del testo, le connessioni ed
i rimandi.

Dunque, il libro.

Mi ha incuriosito, banalmente, che sia stato
pubblicato da un’altra casa editrice che non fosse
la Minimum fax; poi ho pensato che alla base di
questa opzione ci fossero strategie commerciali,
legate alla capacità di distribuzione della Laterza.

Della casa editrice barese, oltre al resto, apprezzo la qualità della carta
e la dimensione dei caratteri del testo, due particolari stupidamente
subordinati ad esigenze economiche da molti editori.

Comunque, per terminare le considerazioni sulla parte fisica dell’oggetto,
la copertina è proprio brutta, senza appello: i colori sono spenti,
i disegni poco evocativi.

Ho già detto dell’argomento, che con me ha avuto gioco facile e si pone
in linea di continuità con la mission, che la Minimum fax persegue,
attraverso i laboratori, i workshop e altro, di promozione della cultura
in senso lato e dell’editoria in particolare.

Per quanto riguarda il contenuto, ho trovato simpatico il gioco
intellettuale delle citazioni nascoste e dei rimandi ad altri libri.
Ha fatto bene l’autore a non cedere al gusto epigrammatico alla fine
di ciascun paragrafo!

Ciò nonostante in alcuni paragrafi la parte finale era l'anello
debole del periodo.

Il problema maggiore, però, ritengo sia la punteggiatura.

Ci sono centinaia di manuali discordi, i linguisti litigano
aspramente, Hemingway e amici li conosciamo, ma tutto ciò non
può costituire una valida scusa per lasciare come dittatrice
inarginabile la virgola.

Alcuni periodi sbrodolano in coordinate, il punto arriva dopo
infinite apnee e, sopra ogni cosa, la sfilza di incidentali
smaglia il filo del discorso; in un paio di punti scadendo,
addirittura, in sciatteria.

Consiglierei di leggere "Refusi" in metropolitana
o in coda alla posta.

Giudizio sintetico: semplice, tuttavia non privo di spunti
interessanti per chi avesse curiosità circa il lavoro in una
casa editrice.

Voto 6/10

venerdì 7 agosto 2009

Professione blogger di Piero Sermasi



mail scritta ed inviata
all'autore da
Paola Borraccino


Buonasera dott. Sermasi,

oggi mi è stato recapitato dal corriere il pacco di libri acquistati
dal sito bol.it, tra cui c'era Professione blogger.

Di solito non acquisto libri che di cui non abbia letto già qualche pagina
in libreria, ma questa volta ho deciso di fare una eccezione e di procedere
all'acquisto del testo, solo perché, stando alla presentazione del sito,
mi avrebbe offerto le informazioni che cercavo.

Ho fatto veramente male!

Il suo libro è mal scritto e contiene pochissime informazioni utili.

Mi meraviglio che una casa editrice seria come la Hoepli abbia fatto
questa scelta!

Lei ha riciclato il lavoro di preparazione al sito ed i post già pubblicati
nel blog: dove è il valore aggiunto che il lettore sta pagando?

Una mancanza di professionalità.

Almeno, quando i giornalisti pubblicano le raccolte dei loro articoli,
il lettore sa cosa sta comprando.

Ho pagato un prodotto raccogliticcio, abbozzato e scadente.

La parte propriamente didattico-informativa è minima ed i suoi post
sono noiosi.

Mi dispiace offendere i suoi lettori, che saranno anche tanti, ma, a
differenza loro, io ho pagato per leggere le banalità che essi hanno
consultato gratuitamente:

12,90 euro per il Suo libro sono davvero troppi!

Educatamente, ma non cordialmente

una lettrice.

Paola Borraccino

sabato 1 agosto 2009

Il 26 luglio 1992 cadeva un angelo

Rita, appresa la notizia della morte
del giudice, decide di porre fine alla
sua giovanissima vita.



Dal diario di Rita Atria
dal sito www.ritaatria.it

"La verità vive. forse un mondo onesto non esisterà mai.
Ma chi ci impedisce di sognare. Forse, se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo."



La libertà è un grido,
seguito da una lunga pena,
non un conforto,
non un alibi.
Albert Camus

venerdì 31 luglio 2009

Le coincidenze non esistono


da "L'Unità"

Figlio del giudice
costituzionale
che deciderà
sul Lodo Alfano
nominato a capo
dell'Aviazione
Civile

La storia è questa:
un avvocato di 44 anni è promosso alla guida di un importante ente
pubblico mentre il padre, giudice, è impegnato in una decisione assai
delicata che riguarda il ministro che ha proposto e ottenuto la nomina
del figlio.

Probabilmente si tratta solo di una coincidenza, uno di quegli incroci
temporali che neppure il diavolo riuscirebbe a mettere in piedi.
Probabilmente. E al bando i maligni, chi ci vuole vedere altro, piani
e strategie. Magari scambi di favori, ohibò. E però la storia
va raccontata tutta. Per filo e per segno.

Il 4 di giugno l’avvocato Alessio Quaranta,
44 anni, sposato, due figli, professionista stimato, un curriculum segnato
dai ruoli dirigenziali all’interno dell’Enac, diventa n°1 dell’Ente
nazionale di aviazione civile, l’organismo che decide tutto in materia
di voli, aeroporti e licenze e sicurezza. Insomma, un Signor incarico.

La nomina di Quaranta viene fatta dal Consiglio dei ministri su proposta
del ministro competente, Altero Matteoli ( Trasporti).

Un paio di settimane dopo, anche se i giornali ne parlano solo il 9 luglio,
succede che un altro Quaranta, Alfonso padre di Alessio e giudice della Corte Costituzionale, partecipa al voto che in qualche modo “assolve” proprio
il ministro Matteoli dall’accusa di favoreggiamento.

Qui serve una parentesi. Perchè c’è una storia nella storia.

Nel 2004 il ministro Matteoli è accusato di favoreggiamento dalla procura
di Livorno per aver avvisato il prefetto di un’indagine a suo carico per
presunti abusi edilizi relativi alla costruzione di un residence all’isola d’Elba.

All’epoca Matteoli è ministro dell’Ambiente e in quanto tale chiede alla Giunta per la autorizzazioni a procedere di deliberare che «i fatti a lui ascritti siano dichiarati attinenti alle sue funzioni ministeriali».

Nel frattempo il tribunale di Livorno, dopo che il Tribunale dei ministri di Firenze si era spogliato del procedimento perchè non si trattava di reato ministeriale, rinvia a giudizio il ministro per favoreggiamento.

Matteoli si oppone, investe della questione la Giunta della camera che solleva il
conflitto di attribuzione di poteri presso la Corte Costituzionale. La quale, e torniamo a oggi, decide di rinviare tutto alla Giunta della Camera.

Ma quella della Consulta non è stata una decisione serena. Anzi.
E’ stata presa a maggioranza - è ipotizzabile una conta di 8 sì e
sette no - e ha registrato la contrarietà del vicepresidente della Corte
Ugo De Siervo che, pur essendo il relatore, non scriverà le motivazioni di una scelta che non condivide.

Non si capisce infatti come possa essere una prerogativa ministeriale avvisare
una persona di essere sotto inchiesta.

E’ un fatto che la decisione della Corte sta facendo molto discutere nel merito.
E inquieta sapere che uno di quei giudici che hanno deciso, in un modo o
nell’altro, su una sorta di Lodo Matteoli, è il padre di un professionista
che lo stesso Matteoli ha appena promosso.

Coincidenze. E malignità. Nulla di più. Che però non finiscono qua. Infatti
l’ex dg di Enac, Silvano Manera, ex comandante di Alitalia, è candidato a
diventare consulente dello stesso ministro Matteoli.

Insomma, tutti contenti e nessuno a piedi.

Il caso Matteoli slitta a settembre. Sarà la Camera a decidere se il reato è ministeriale o meno. Resta aperto il caso Consulta: dopo la cena a casa del
giudice Mazzella con il premier, il sottosegretario e il ministro della
Giustizia, arriva ora il caso Matteoli-Quaranta.

E a ottobre, sempre la Consulta, dovrà decidere sulla costituzionalità del
Lodo Alfano.

In pratica se processare il premier oppure no.

sabato 25 luglio 2009

Patrizia D'Addario forse ha cominciato così


foto tratta da
Il blog di Luigi Crespi

AAA Compagne di merende cercasi
(Correva l'anno 1995)
di Paola Borraccino

Insospettabile l’orario ed il recapito: h. 17,30-19,00 di una domenica
mattina. Hotel Sheraton a Bari.

Partiamo in quattro, senza considerevoli esperienze, ma carine; il nostro
obiettivo è trovare un lavoro saltuario per integrare le modeste entrate di studentesse universitarie.

Il testo sul giornale dice:” Agenzia di carattere nazionale ricerca:
Hostess, fotomodelle/i, indossatrici/tori, promoter, baby sitter.
Telefonare 080/872XXXX ”.

Tutte vorremmo fare le hostess, ma ci accontenteremmo di fare le
promoter; anche sopportare piccoli Unni, sotto mentite spoglie di
bambini va bene. Siamo vicini all’estate e non si può rinunciare
a vedere la solita isola greca, con 3 kilometri di spiaggia deserta.

Arriviamo sul posto puntuali, agguerrite, truccate e vestite in
perfetta sintonia con l’ambiente.

La Rossa in macchina ci ha raccontato che una sua amica è venuta
qui ieri, le ha descritto il colloquio con il “tipo”, un Tinto
Brass dei poveri.
Stiamo ancora ridendo mentre entriamo nella hall.
“L’ha sparata un po’ grossa”, “È impossibile”, ”Avrà frainteso”
sono i commenti.
Sebbene ci abbia accompagnato, la Rossa è restia ad andare
all’appuntamento; noi facciamo le superdonne e proseguiamo impavide.

Quando nominiamo la società che sta svolgendo una selezione, negli
occhi del receptionist compare un lampo di scherno e la bocca si
atteggia ad un discreto sorriso.
Mary sottolinea la cosa e chiede spiegazioni, il ragazzo però
conosce il suo dovere e tace.

Prendiamo l’ascensore panoramico che trasforma la nostra frizzantina
eccitazione in ansia; nessuno però osa confessarlo.

Siamo al piano. Con noi è salito un ragazzo distinto, pensiamo tutte
che possa essere dell’agenzia e parliamo a bassa voce.

La sala si trova in fondo ad un corridoio molto angusto, vicino alla
uscita di sicurezza.
È Raffaella questa volta che rileva il particolare, peraltro non
sfuggito ad alcuna di noi.

Bussiamo. Nessuno risponde e non si odono rumori.
Dopo qualche secondo apriamo piano la porta, all’interno un uomo si
aggiusta i pantaloni. Esce fulminea una ragazza, è bionda tinta,
molto procace, trucco pesante, ha il volto acceso ed è visibilmente
alterata.

Ci guardiamo sgomente, l’amica della Rossa aveva riferito cose esatte,
serpeggia la paura; forse qualcuno sta per proporre qualcosa, quando
una voce all’interno invita ad entrare.
Le mie amiche(?) dicono: ”Entra tu”. Della serie armiamoci e partite.
”Beh…certo non mi violenteranno in un albergo a cinque stelle con dei
testimoni dietro alla porta” penso.

Mi siedo come se fossi ingessata in un busto e accosto i lembi del
cappotto per nascondere le gambe, indosso un pantaloncino; bestemmio
a fior di labbra per non aver optato per uno scafandro.

Mi accoglie l’uomo che ho visto prima: ora sta fumando, consuma la
sigaretta in pochi, lunghissimi, voluttuosi tiri, fino al filtro, il
posacenere è ricolmo di cicche.

Ha tra i 40/50 anni, mal portati, stempiatura lunare, capelli sulle
tempie lunghi ed oleosi, è in camicia e cravatta, sudato, se ho notato
bene, ha la fede al dito e l’aria stanca.

C’è anche un assistente, un piccoletto insignificante, sfoggia un
coordinato giacca e pantaloni in jeans, modello albanese post-sbarco,
e porta occhiali da miope.

Mi viene chiesto per quali figure professionali io abbia risposto
all’annuncio, rispondo: hostess e promoter, illustrando le mie
precedenti esperienze lavorative.
Poi, continuando, il tipo: “Sarebbe interessata a fare la
ragazza-immagine, fotomodella, indossatrice, accompagnatrice di affari?”

Io: “No. Non credo di avere i numeri giusti, ma soprattutto ho problemi
di orario, non potrei fare un lavoro che si protragga oltre le 20.00”.

Lui: “Per gli orari ci si potrebbe mettere d’accordo. Non hai mai
pensato di fare l’accompagnatrice?”

Penso: “ Ci siamo”, poi ad alta voce con il tono da ingenua “Non so
neanche in che cosa consista.”

“Lei accompagna uomini di affari a pranzo e a cena, se c’è un dopo
questo dipende esclusivamente da lei. Il suo lavoro inizia quando la
persona viene a prenderla e finisce alla fine del pranzo”.

Si potrebbe fare della facile ironia su questa figura da commensale a
pagamento, ma riesco solo a dire: “Capisco” e poi mi affretto ad aggiungere
”Direi proprio di no, sono orientata per quello che dicevo prima”.

“Noi come agenzia curiamo anche questo tipo di servizi, ma vuole mettere,
quanto guadagna una promoter? Qui invece parliamo di parecchi soldi, di
banconote da centomila una sull’altra”.

Parla della cosa in modo così naturale da farla apparire allettante:
“Già” replico io debolmente, “ma è un po’ pericoloso”; questa è l’unica
frase che mi viene sul momento, con buona pace di tutti gli insegnamenti
morali impartiti in una vita.

“Perché? Assolutamente no.” Poi incalza: “ Noi lavoriamo a Milano da
venti anni e a Corato da due, ora ci trasferiamo a Bari ci consegnano gli
uffici il 15 Aprile all’Executive.

La nostra è una clientela di persone di un certo livello. Ad esempio la
ragazza che è uscita prima, ha pranzato qui oggi” fa segno con l’indice
verso l’alto, si riferisce al ristorante sulla terrazza “ed il cliente
le ha regalato un milione”.

Io: “Avrà gradito la compagnia”.

Lui: “La compagnia?!”, come per dire: -Ci fai o ci sei?-

Io, calcando il tono e guardandolo dritto negli occhi: “Non era di
questo che stavamo parlando?”.

Sono rilassata, è gente che nel suo mestiere ci sa fare, abituata a
considerare questo lavoro come uno qualunque del settore del terziario,
sarebbe da provinciale scandalizzarsi, sono secoli che esiste
e non vedo ombra di sfruttamento.
Ciò che mi sorprende, da buona meridionale, è l’organizzazione aziendale:
il solerte, efficiente, europeo Nord che viene a civilizzare queste
lande deserte.

La vicenda sta persino rivelando degli aspetti buffi: usufruiranno di
sovvenzioni statali per aver creato posti di lavoro? In caso di
insolvenza, cosa pignoreranno le Banche? Forse è prevista
l’amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, che hanno
tentato il rilancio delle zone depresse.

Mi metto più comoda: mi apro il cappotto, un gomito sulla scrivania,
le gambe accavallate e mi abbandono finalmente contro lo schienale.

Lui mi squadra attraverso il fumo della sua sigaretta, mentre prende
appunti e, in verità, lusinga la mia vanità femminile lo sguardo di
approvazione di costui, un esperto nel campo.

Oltre i dati classici, compila la scheda personale in maniera
dettagliata: colore di capelli, degli occhi, taglia, misura di scarpe
e misura seno-vita-fianchi.

Rispondo gaia e scherzo anche sul fatto che ho misure da maggiorata,
pur avendo taglia ridotta: merito della sola cassa toracica.
Il tipo però è serio e continua ad avere un atteggiamento da
professionista; riflettendo non ha detto due frasi uguali, è esauriente
e va dritto al punto, senza perdere tempo.
Gli ribadisco la preclusione al discorso “accompagnatrice” e per contro
la mia disponibilità per fare servizio di hostess e promoter.

Mi dice ancora: “ Tenga conto che se lei è di Bari, non le faremmo
incontrare persone di Bari, e saremmo in tre a saperlo: io, lei ed il
cliente (o lo ha chiamato utente?).
Poi rivolgendosi al suo assistente: ”Tu domani lavori all’università?”;
quello annuisce, ”quindi domani non puoi venire”.
Infine rivolto a me: ”Ci pensi per quel discorso e mi faccia sapere”.
Si alza e mi porge la mano.

Quando esco le mie amiche mi interrogano ansiose, rispondo solo:
“È proprio come avevano detto”.
Nel frattempo entra nella stanza il ragazzo che era salito con noi
in ascensore.

Oltre alle mie amiche ci sono altre ragazze che Mary ha provveduto
ad informare, il tempo di dire “andiamocene”, tutte hanno girato i tacchi.

La porta si apre, esce il ragazzo, è stato dentro mezzo minuto. Dalla stanza
una voce: “Avanti la prossima”, si precipitano tutti dentro l’ascensore.

Mentre le altre starnazzano, io mi domando presso quale facoltà lavori il
piccoletto con gli occhiali; se lo trovassi dietro alla cattedra…ma qualcuna
sta dicendo: “Denunciamolo, questa è induzione alla prostituzione”.

È arrivato il comitato per la salute pubblica.

venerdì 24 luglio 2009

Maschio adulto solitario di Cosimo Argentina


Manni editore
310 pp.
17 Euro
recensione di
Paola Borraccino

Un romanzo che, pur rivelando un autore promettente, non convince fino in fondo.

Narra del percorso del protagonista dall’età di venti anni ai trenta circa, in tappe abbastanza nette: il servizio militare a Bari ed il suo primo amore, la fuga al nord e l’esperienza in una azienda di inscatolamento di tonno, il ritorno a sud, lo studio ed il conseguimento della laurea in giurisprudenza ed, infine, la pratica legale in uno studio a Taranto.

Come recita il titolo, il libro è molto “maschio”, con figure femminili stereotipate e tristi.

Lo stile è alterno, ottimo in determinate parti, confuso in altre.

Il linguaggio è aderente alle situazioni descritte, ma non riesce a variare, cosicché il ritmo, risulta pesante e, in alcuni punti, persino greve.

Questo è il grande limite: è mancato un buon lavoro di revisione, certe frasi, e qualche volta pagine intere, sono sovrabbondanti e inutilmente crude.

L’autore avrebbe dovuto fare una scelta più coraggiosa e tagliare delle parti, che appesantiscono il testo e, nello stesso tempo, rendono la trama inverosimile, iperrealista.

Per quanto i singoli episodi narrati siano credibili, nell’insieme risultano eccessivi e forzati, fino a precipitare nel finale che guasta il libro.

Anziché comporre un romanzo, i capitoli avrebbero potuto formare una raccolta di racconti brevi a sé stanti.

Il giudizio finale è, comunque, positivo, anche se in attesa di conferma del prossimo lavoro di Argentina.

Voto 6,5

Il consiglio: poco adatto alle donne sotto i venticinque anni, perché
mostra il lato brutale e violento dell’uomo abbandonato a se stesso.

La citazione:
Gli intervalli e le ricreazioni sono una dannazione: spezzano il ritmo e ti illudono che tutto sia finito, come le domeniche, come le estati e tutto il resto.

venerdì 10 luglio 2009

Al G8 dell'Aquila Berlusconi ha annunciato che a settembre saranno inviate altri soldati italiani in missione in Afganistan



immagine tratta da
http://lucapautasso.files.wordpress.com/2009/04/soldati_italiani_
di_unifil_durante_la_giornata_della_prevenzione_dal_rischio_delle_
mine_-_4.jpg

Limes Maggio 2007- Mai dire guerra

Lost in Afghanistan

Per i duemila soldati italiani schierati sul teatro
afghano è scattato l’allarme rosso.

Stanno venendo al pettine le contraddizioni di una missione internazionale
partita per stabilizzare il paese e assisterlo nella ricostruzione,
presumendo che gli americani avessero vinto la guerra contro i taliban.
Premessa errata. La guerra continua. E noi ci siamo
dentro.
Non perché vogliamo la guerra, ma perché la guerra vuole noi.

Com’è stato possibile finire in questo cul de sac?

L’Afghanistan è il laboratorio della spaccatura della Nato. Qui
gli alleati perseguono scopi diversi con mezzi diversi. La missione di guerra
a guida americana, Enduring Freedom, sta infatti fagocitando
quella Isaf (in teoria di stabilizzazione e assistenza) a guida Nato.
O meglio, l’Isaf si preoccupa di stabilizzare se stessa, Enduring Freedom di destabilizzarla.
Turnazione vuole che oggi il comandante dell’Isaf sia un generale americano,
Dan McNeill, il quale non ama le sfumature
e i bemolle di alcuni alleati.
Sicché oggi soldati dell’Alleanza atlantica – americani, canadesi, olandesi,
britannici – sono impegnati sul vasto fronte afghano contro taliban e insorti
vari, mentre altri – italiani, spagnoli, tedeschi, francesi – sono soprattutto intenti a proteggere se stessi dietro una cortina di caveat.

Salvo qualche poco pubblicizzata iniziativa delle forze speciali – incursori
della Marina e del Col Moschin– condotta con gli americani di Enduring
Freedom, i nostri soldati si attengono al vincolo parlamentare
che vieta loro di partecipare alla guerra contro la nebulosa talibana.
Il che non impedisce di finire nel mirino degli insorti.

Che gli americani vogliano fare della Nato uno strumento globale a protezione
della loro sicurezza nazionale, o in alternativa metterla a riposo, è
perfettamente legittimo.

Come lo è la tendenza italiana e veteroeuropea a concepire l’Alleanza atlantica
come architrave della sicurezza collettiva in Europa, purché siano gli
americani a pagare. Di certo le due Nato non possono convivere.

Vincerà la Nato angloamericanao quella dei vecchi partner euroccidentali?
Nessuna delle due? Inutile mascherare il conflitto.

Conviene esplicitarlo, per trovare un compromesso.
Ed evitare che la crisi della Nato lasci l’Italia a galleggiare solitaria
in un mare in tempesta.

Possiamo batterci per profilare una Nato più vicina ai nostri interessi,
più o meno coincidenti con quelli degli altri europei occidentali.
Per questo dovremo essere dispostia investire nella sicurezza,
possibilmente in base alle esigenze effettive e non a quelle delle
lobby militar-politico-industriali
che trattano il bilancio della Difesa come cosa loro.

Nella speranza di riportare l’impiego dello strumento militare alla
sua nobile (e democratica) funzione di ancella della politica.
Non suo sostituto.

Nel frattempo, ci arrangeremo con le missioni à la carte.

martedì 7 luglio 2009

http://www.buccinasco.net


Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un susseguirsi di iniziative legislative apparentemente estemporanee e dettate dalla fantasia dei singoli parlamentari ma collegate tra loro da una linea di continuità: la volontà della politica di soffocare ogni giorno di più la Rete come strumento di diffusione e di condivisione libera dell’informazione e del sapere.
Le disposizioni contenute nel Decreto Alfano sulle intercettazioni rientrano all'interno di questa offensiva.

sabato 4 luglio 2009

MI RIVOLTO, DUNQUE SIAMO


Elèuthera editrice 2008

di Albert Camus

La vita di ogni giorno da costruire con la
maggiore lucidità possibile, la lotta ostinata
contro il proprio e l’altrui avvilimento.

Sapere dire di no, sforzarsi, ciascuno nel posto che occupa,
di creare quei valori vitali senza i quali non potrà esserci alcun
rinnovamento, conservare ciò che vale dell’essere,
preparare quanto merita di esistere, provare ad essere
felici affinché il sapore aspro della giustizia ne
risulti addolcito, ecco alcune buone ragioni di
rinnovamento e di speranza.

venerdì 3 luglio 2009

Somalo picchiato, l'autista rischia il posto

di Paola Borraccino

Io sto con l'autista. A prescindere.

Perché non sia lui il capro espiatorio di una politica desiderosa di rifarsi
la verginità, al pari di una prostituta di lungo corso che si faccia
ricostruire una membrana pudìca.

In un paese in cui un giudice costituzionale ha l'impudenza di dichiarare
quello che ha dichiarato Mazzella,
senza che i tartassati sudditi (noi) emettano un lamento, sia pure flebile,
vuoi vedere che l'unico, che debba cadere vittima del rigorismo morale è
proprio l'uomo di strada?
A Bari si dice, "il cane mazzo".

Uno, cui si può rimproverare, come unico torto, quello di non essersi
preso le mazzate in silenzio?

Sì, avete capito bene.

Gli autisti sopportano, per lavoro, un perenne clima di violenze,
insulti, arroganza.
Come se non bastasse la delinquenza nostrana ed i carichi di
vandali, scippatori ed altra tanta brava gente,eticamente confusa,
adesso caricano gli extracomunitari dei centri di accoglienza che
sporcano, gridano, infastidiscono gli altri viaggiatori,rubano
e molestano le donne.

Si assiste a scene assurde, le condizioni di viaggio sono diventate
intollerabili ed i passeggeri finiscono sempre con il prendersela
con il personale addetto.

Per il principio di gravità che spinge dall’alto verso il basso,
le incazzature scivolano verso chi è più debole di noi, fin quando
il travaso si arresta all’ultimo degli ultimi, come l’IVA, che
tutti scaricano ed uno solo paga.

Allora torniamo al nostro uomo di strada, incarnato dall’autista,
il quale, rappresenta, in questa circostanza, il tartassato medio;
mentre il “cane mazzo” è il somalo (concediamoglielo).

Cerchiamo di visualizzare la scena e seguiamolo con una
videocamera virtuale ieri mattina.

L’impiegato si è alzato la mattina molto presto, sicuramente abita
in periferia o in un paese limitrofo di Bari.

Forse ha dormito male, perché le prostitute vicino casa
facevano schiamazzi e lui non riusciva a dormire, pensando alla
prossima rata del mutuo da pagare, per una casa che sta perdendo il
valore sul mercato, da quando sono venuti ad abitare “questi neri!
Che poi gli americani hanno Obama e noi ‘sti morti di fame, che ci
rubano il lavoro! Nelle ditte esterne assumono solo extracomunitari.

Altro che quelli fanno i lavori che gli italiani non vogliono!
E mia sorella che pulisce il culo alla vecchia di fronte ha
un’elemosina e quando ha detto alla signora di rimborsarle almeno
il prezzo del biglietto, quella ha risposto – O così o vattene.
Che ho già trovato una albanese che prende di meno e resta tutte
le notti!“.

Si è alzato presto, ma ha già in bocca il cattivo sapore, perché ha
già dovuto ingoiare la prima cucchiaiata di merda della giornata.

Perché la vita del barese medio non è propriamente all’insegna di
cene esclusive, zoccole e cocaina.

Allora sì, l’autista è incazzato di suo.
Forse è più oppresso del solito dal fardello della sua quotidianità
e chissà quante volte è già andatosu e giù nel corso della calda
mattinata barese.

Forse è separato ed è tornato a vivere a casa dei suoi, forse il
giorno prima ha scoperto che deve affrontare una spesa imprevista,
che gli sballa tutto il misero budget.

Forse ha solo le tasche piene di guidare un carro bestiame, che
puzza come un letamaio, dove le persone lo insultano, ritenendolo
colpevole dei disagi della corsa.
E ci si mettono pure questi extracomunitari:
“Madò autista. E vedi a questi! Ma perché li fanno venire?”,
“E noi dobbiamo pagare il biglietto. E questi mica pagano”,
“Santa Misericordia, che puzza: Non è che ci mischiano qualcosa?!”

Insomma: scene di una mattina qualunque.

Ma questa non è una mattina qualunque.
Forse è l’ultima mattina del lavoro da autista del nostro barese
tartassato.
Che ha fatto? È sbottato.
Ha visto accanto a sé uno su cui scaricare l’IVA.

Scommetto che gli altri passeggeri lo incitavano, mi sembra quasi
di vederli. Perché la folla è selvaggia e si eccita con la
violenza.

Insomma questo ha uno scatto d’ira, di frustrazione come Michael
Duglas in un “Giorno di ordinaria follia”: ci sarebbe quasi da
capirlo. Una vita così, un giorno dopo l’altro, per due soldi
abbruttirebbe anche un santo.

Invece per costui si esige la punizione massima per un
lavoratore: il licenziamento in tronco.

In effetti chi sbaglia paga.

Dopo tutto è il criterio che vige in Italia, per tutti.

Ci vogliamo dimenticare quanto duramente hanno pagato i
responsabili del crac Parmalat? E sì che questi galantuomini
avevano commesso un peccato veniale: avevano solo azzerato
i risparmi di una vita di migliaia di lavoratori!

Ma quelli sono signori, forse si preoccupano delle sorti dei
bambini africani poveri attraverso le loro fondazioni, non sono
degli sporchi razzisti, loro!
Quando c’è da fottere qualcuno e da ricavarci, non stanno mica
a sottilizzare sul colore della pelle.

L’autista ha commesso un errore imperdonabile: un ceffone o
un pugno ad un cittadino italiano costituiscono una banale
lite, nelle peggiore delle ipotesi punibile con una sanzione
amministrativa; le stesse lesioni provocate ad una persona
di nazionalità diversa, dal diverso colore della pelle
costituiscono un crimine contro l’umanità da punire con
la morte sociale, cioè la perdita del lavoro.

Chi è il cane mazzo adesso?